Liberato, cuore grande e senza padrone. La festa con i 50mila è al circo massimo

Liberato, cuore grande e senza padrone. La festa con i 50mila è al circo massimo

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"Ricordatevi sempre che non siete soli". Finisce così il concerto di LIBERATO al Circo Massimo di Roma, con il musicista napoletano che trasforma l'energia di una festa durata


oltre due ore in un amuleto offerto ai 50mila fan presenti: le canzoni come antidoto alla solitudine, le parole urlate insieme come il codice di chi si riconosce perché sa che quella con le


emozioni è una lotta che lascia ammaccature e lividi, di chi sa che_ 'o core nun tene padrone_. E più che l'identità e i dati anagrafici, il segreto di Liberato è questo: essere


riuscito a creare un vocabolario emotivo allo stesso tempo semplice e stratificato, personale e condiviso, utilizzato da migliaia di persone. LIBERATO FA FESTA AL CIRCO MASSIMO:


L'EMOZIONE DEI 50MILA PRESENTI E la festa era iniziata in una Roma mozzafiato, sospesa nella luce del crepuscolo, il Circo Massimo tinto di nero e di azzurro. Azzurro Napoli,


ovviamente. Come una coda della festa scudetto, lo stesso Liberato che nel primo post del mattino aveva issato dal palco la sciarpa della squadra di Antonio Conte. E si smette presto di


contare le maglie con il "10" di DIEGO ARMANDO MARADONA e si sorride quando partono i cori che inneggiano a McFratm, nuovo nome di battaglia di Scott McTominay. E per il suo unico


concerto italiano del 2025, Liberato sceglie una intro che è un altro segno particolare della sua carta d'identità: drone music, una frequenza che oscilla bassa e che viene interrotta


solo dai "_Diego, Diego_" campionati dai filmati che risalgono alla fine degli anni ottanta e dai più recenti "_I campioni dell'Italia siamo noi_". Poi partono i


beat. _Guagliò_ e _Turnà_ le prime due canzoni di un concerto che va segnalato oltre che per il fattore umano ed emotivo, anche per quello tecnologico. Produzione che non ha niente da


invidiare a quelle internazionali, il palco animato come un tablet con cui si gioca cercando di capire dove può arrivare la grafica al tempo dell'intelligenza artificiale, Liberato e la


sua band che si trasformano in sacerdoti di civiltà antiche alle prese con viaggi interstellari. Viaggi quando toccano _Te voglio bene assaje_ e _Nove maggio_ si fanno messaggeri di una


mezza certezza: canzoni ormai classiche e classiche nel senso del canzoniere napoletano, quello struggente accarezzarsi reciproco di ironia, rabbia e nostalgia che resta intatto nonostante


la patina iper contemporanea con cui Liberato ricopre i suoi dischi e i suoi live. Il volume sale su _Oi Marì_ e _Viennarì_. Sale ma non tanto da fermare la diffusa e sussurrata richiesta di


informazioni sul risultato della finale di Champions League e qui i commenti del pubblico sull'Inter si dividono tra sportive forme di cattiveria e altrettanto sportive manifestazioni


di compassione. _A 'mbasciat_, _Essa_ e _Nunn'a voglio ncuntrà_ i momenti finali di un concerto che si chiude con altri due classici - _Tu t'e scurdat e me_ e _O core nun tene


padrone_ - e con un annuncio per la prossima festa: il 5 giugno 2026, Stadio Maradona di Napoli. Quando Liberato riporterà a casa il suo pubblico che come il suo cuore balla, vive _e nun


tene padrone_.